CArne di maiale carne suinaMITO Carni - In Italia oggi esiste la produzione di due diverse tipologie di suini: quello pesante, con più alto contenuto in lipidi destinato alla trasformazione (e per alcuni tipi è stata ottenuta anche l’autorizzazione di Indicazione Geografica Protetta) e quello leggero, più magro, utilizzato per il consumo fresco. Le razze ed i sistemi di allevamento sono diversi per i due tipi e sono diverse anche alcune caratteristiche sensoriali oltre che alcuni aspetti della composizione.


Nel prodotto finito destinato al consumo la qualità si valuta prendendo in esame la composizione chimica (e cioè il contenuto in sostanze nutritive), le caratteristiche sensoriali e le caratteristiche di sicurezza d’uso. La sicurezza dipende dalla presenza di sostanze non desiderabili, nocive o tossiche che possono avere origine diversa. La carne suina, analogamente agli altri tipi di carne, è una buona fonte di proteine, ne contiene infatti circa 20 grammi per 100 g di carne e sono di alta qualità biologica. Le fibre muscolari della carne di maiale hanno struttura diversa dalla carne bovina che la rendono più tenera.
Ha un buon contenuto vitamina B1 più alto che la carne bovina, vitamina B2, niacina, vitamina B6 , vitamina D e B12, anche questa più bassa che nella carne bovina. 
E’ presente anche un buon contenuto in minerali come ferro, zinco, rame, selenio, presenti in una forma chimica ben utilizzabile.
Il contenuto in mioglobina dipende dalla specie animale e dal tipo di taglio (cioè di tessuto muscolare): la carne suina ne contiene meno della carne bovina e pertanto presenta un colore più roseo. Il contenuto in ferro è comunque più basso che nella carne bovina.
Il colore dipende dal contenuto in mioglobina, che è il pigmento presente nelle fibre muscolari che lega il ferro, e che va incontro a variazione di colore in relazione a processi di ossidazione. Il contenuto in lipidi totali varia molto a seconda del taglio, dal 3% nel coscio all’8% nella bistecca (considerando sempre il suino leggero) e varia anche molto in relazione alla “toelettatura” del taglio. Le caratteristiche sensoriali più rilevanti per quanto riguarda le carni fresche per il consumo diretto sono il colore, la perdita di liquidi e le infiltrazioni di grasso. 
La presenza di grassi all’interno del taglio si presenta come infiltrazioni, che danno luogo a venature, importanti ai fini del colore, ma soprattutto per la tenerezza ed il sapore. 
E’ stato visto, infatti, che riducendo il contenuto in grassi al disotto del 2%la carne diventa dura e filacciosa e perde di sapore perché i grassi sono fattori fondamentali per il sapore sia per loro stessi che perché veicolo di composti responsabili del sapore. Anche la capacità di trattenere i liquidi è una caratteristica importante, sia della carne cruda sia cotta, ed è un elemento positivo delle carni che dipende dalla struttura delle fibre muscolari. 
Diversi studi hanno messo in evidenza che le caratteristiche organolettiche della carne fresca sono significativamente influenzate dalla razza, dal tipo di allevamento, dal tipo di alimentazione ed anche dal periodo di macellazione.
La presenza di sostanze nocive o tossiche può derivare anche da processi anomali di conservazione, cottura, trasformazione. 
Sul mercato la carne fresca è disponibile in una grande varietà di tagli (filetto, lombata, carrè, cosciotto, spalla, costine, stinco, pancetta) che hanno composizione diversa e caratteristiche organolettiche diverse e si prestano a preparazioni culinarie molto diverse (al forno, in padella, arrosto, alla griglia). Per esaltarne le caratteristiche è importante abbinare il taglio e tipo di cottura. 
I danni nutrizionali che si possono verificare con la cottura, normalmente di non rilevante entità, consistono nella perdita di vitamine e riduzione di digeribilità proteica, nell'ossidazione dei grassi; quelli più rilevanti sono quelli dovuti alla cottura al fuoco diretto con carbonizzazione e formazione di sostanze con effetto cancerogeno. Oltre alla carne fresca in tagli in alcune regioni si trova pure la “porchetta”, cioè i suinetti macellati a due/tre mesi di età ed arrostiti. 
Una categoria estremamente importante di prodotti a base di carni suine è rappresentata dai salumi per i quali si ha in Italia una ricchezza di tipologie incredibilmente vasta, dai prodotti industriali a quelli di nicchia, dai prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento di DOP (Denominazione di Origine Protetta) o di IGP (Indicazione Geografica Protetta) a quelli riconosciuti come prodotti tradizionali. Comprendono prodotti crudi o cotti, interi a pezzi o macinati e insaccati. E’ impossibile passarli in rassegna tutti. Hanno fondamentalmente la composizione della carne suina in cui il contenuto in grassi può variare in maniera sensibile. Un aspetto da tenere presente è il contenuto in sale che spesso è alto (circa 5/6 grammi per 100 grammi di prodotto). Per quanto riguarda gli additivi è ammessa l’aggiunta di nitriti e nitrati che sono importanti come agenti antimicrobici (per evitare lo sviluppo del batterio botulino) ma anche come esaltanti del colore per i complessi che formano con la mioglobina. 
Il consumo di carne di maiale non ha grandi conseguenze per la salute, soprattutto in relazione al contenuto in grassi e quindi alla digeribilità, grazie al cambiamento di composizione della carne. 
Anche il consumo di salumi, purché correttamente inserito nei consumi della giornata, non è in contrasto con le raccomandazioni nutrizionali.

(Fonte: INRAN - Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione)